Le cose non hanno nessuna esistenza.

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Bismillahi-r-Rahmani-r-Rahim

Il termine arabo ”Faqir” viene comunemente usato, nel linguaggio proprio al Tasawwuf, per designare colui che è ricollegato ad una Tariqa e senza che ciò implichi, almeno in apparenza, distinzione di funzione o stato spirituale. Chi riceve la Benedizione (Barakà) ritrasmessa da uno Shaykh regolare entra, di fatto, nel cerchio dei poveri (Foqarà). Tale povertà non ha necessariamente attinenza con l’indigenza, il povero, inteso in questo senso, è colui che non ha avuto accesso alla ricchezza materiale, ma qualora potesse farlo abbandonerebbe senza indugio la sua condizione. Il Faqir, invece, si ammanta e si adorna di ciò che gli altri tengono in dispregio e considerano cosa vile poiché ha la consapevolezza, ad un qualche livello, che l’essere umano, in quanto tale, non ha in se stesso la propria ragion sufficiente e dipende in tutto da Allah il quale, Egli solo, è as-Samad, nome divino che indica la possibilità assoluta di sussistere di per se ed è citato una sola volta nel Santo Corano al secondo versetto della Surat al Iklas che varrà la pena riportare per intero:
“Bismillahi-r-Rahmani-r-Rahim
Qul Huwa Allahu ‘AHad
Allahu s-Samad
Lam Yalid Wa Lam Yūlad
Walam Yakun Lahu Kufūan ‘Ahad”

“In nome di Allah il Clemente il Misericordioso

Di: Lui Allah è l’Unico
Allah è L’Assoluto (sufficiente a se stesso)
Non ha generato, non è stato generato
e nessuno a Lui è uguale.”

I primi due versetti della Surat sono una invocazione dei nomi Divini Huwa, Allah, Ahad e as Samad che insieme ai due successivi diventano una sintesi di pura dottrina metafisica.
“Non ha generato, non è stato generato”, nulla è antecedente, in senso principiale, ad Allah e nulla gli è conseguente, la creazione non lo limita e non lo determina, non lo diminuisce e non lo accresce, ne alcuna cosa può dirsi uscita da Lui e sussistere di per se. Allah è ciò che è sempre stato, “ Ero un tesoro nascosto, volli conoscermi, creai il mondo”.
L’angelo più approssimato, il grado spirituale più elevato, l’intera creazione nel suo aspetto formale ed informale e gli esseri tutti, individuali o sovra individuali, non possono essere comparati alla Realtà Divina.
Allah è l’infinito, se qualcosa potesse essergli posta a fianco l’infinito cesserebbe di essere tale e questa è pura impossibilità, sarebbe come porre accanto a Dio un altro dio, ciò è “kufr” in quanto negazione della Verità.
Per mezzo della parola divina il Faqir prende dunque coscienza di quanto fa lui difetto, come essere contingente, si volge quindi verso Allah riconoscendone la Realtà assoluta e testimonia, di fatto, contro se stesso.
La via del ritorno a Dio conduce verso l’estinzione (al fanà) della realtà individuale, a questo proposito credo opportuna una citazione da “Il Trattato dell’Unità (Risâlatu-l-Ahadiyyah)” di Muhyddin Ibn Arabi che sembra smentire quanto appena affermato:
“La maggior parte degli iniziati dicono che la conoscenza di Allâh viene in seguito al fanâ al wujûdi ed al fanâ al-fanâ’i, per effetto cioè dell’estinzione dell’esistenza e della estinzione di questa
estinzione. Ora, questa opinione è completamente falsa. In essa è contenuta una manifesta incongruenza.
La conoscenza non esige l’estinzione dell’esistenza, o estinzione di questa estinzione; perché
le cose non hanno nessuna esistenza, e ciò che non esiste non può cessare di esistere. Dire che
una cosa ha cessato di esistere, che non esiste più, equivale ad affermare che essa è esistita, che ha
goduto dell’esistenza …
Attribuire la conoscenza al fanâ ed al fanâ al-fanâ’i è un credo idolatra. Perché se tu attribuisci
la conoscenza al fanâ ed al fanâ al-fanâ’i, pretendi con questo che ciò che non è Allâh possa godere dell’esistenza, il che equivale a negarLo; e tu sei formalmente colpevole di idolatria.”

Che Allah ci preservi dall’idolatria e dall’associazionismo. Dalla prospettiva di Muhyddin Ibn Arabi, la quale si potrebbe definire “Unitiva”, tutto appare in perfetta simultaneità nella piena attualità dell’eterno presente ; è il termine della via. Per l’essere ancora velato, soggetto ai limiti propri del suo stato che per l’essere umano sono lo spazio, il tempo e la forma, tutto appare, invece, in successione e distinto per gradi. La Verità divina, a questo livello, si presenta come “necessità”, “obbligo”.

L’obbligo: “Niente avvicina a Me il Mio servo
più degli obblighi che Io gli ho imposto.”

Il progredire graduale verso Allah: “Egli non cessa di
avvicinarsi a Me con gli atti supererogatori, finché Io lo amo.”

L’identità: “E quando Io lo amo, Io sono il suo udito, la sua vista, la sua
mano ed il suo piede, con i quali egli intende, vede, afferra e
cammina.”

Quando gli attributi del Signore ricoprono quelli del servo allora questi è “al faqir ila Allah”, il povero nei confronti di Allah.
Si potrebbe anche affermare, usando un termine più familiare alla mentalità europea, che egli sia il santo di Dio. Completamente riassorbito in Lui gode pienamente, nel suo Segreto, della Sua prossimità e potrebbe anche non lasciar traccia di se nella creazione, come potrebbe, col permesso di Allah, diventare guida per altri Foqarà, ma mai egli sarà, ne tantomeno pretenderà di essere, oggetto di culto.
Il nostro Profeta Muhammad (S.a.w.) con la sua Sunnah benedetta e per la sua Essenza luminosa è esempio per i credenti e oggetto d’amore per i Foqarà, ma la lode spetta ad Allah Signore dei mondi.

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